ARCHIVIO RASSEGNE
19 Giugno 2019

Una vita a scaricare amianto lavoratore del Porto muore: ai figli 176 mila euro di danni

Corriere del Veneto 19 giugno 2019

Mestre. Per trent’anni aveva scaricato a mano sacchi di juta e poi di nylon carichi di amianto che si rompevano, che lasciavano polvere di asbesto dappertutto, che infestavano magazzini, che venivano ammucchiati in banchina e lasciati all’aria aperta. Senza mascherine, senza informazioni dall’allora Provveditorato al Porto. Il quadro di testimonianze e di consulenze tecniche ricostruito in tribunale racconta di un Porto di Venezia che negli anni del boom economico e fino ai Novanta non ha tutelato la salute dei portuali e così il giudice del lavoro Chiara Coppetta Calzavara ha condannato l’Autorità Portuale di Venezia e dell’Alto Adriatico a risarcire con 176 mila euro i tre figli di un lavoratore morto per adenocarcinoma polmonare. L’operaio, difeso dall’avvocato Enrico Cornelio, aveva lavorato al porto dal 1957 al 1987 ed è morto prima di vedere la fine della causa. La sentenza stabilisce che la malattia e il decesso sono stati causati dall’esposizione all’amianto, all’epoca scaricato dalle navi in grandi quantità, “senza alcuna protezione e senza che il Provveditorato avesse adottato alcuna misura precauzionale”. Dal 1980 al 2007 56 lavoratori morirono per patologie collegate alle fibre di amianto. (mo.zi.)