Si ammalò di tumore a causa delle polveri di amianto inalate pulendo gli indumenti del marito, dipendente della Cooperativa lavoratori portuali. Una donna oggi settantaseienne dovrà essere risarcita dall’Autorità portuale di Venezia con oltre 43mila euro a titolo di danno non patrimoniale, oltre agli interessi e alle spese di lite quantificate in circa 4500 euro. A stabilirlo è una sentenza del Tribunale civile di Venezia che ha accolto parzialmente le richieste presentate dall’avvocato Enrico Cornelio, il quale ha già annunciato che presenterà appello per ottenere il riconoscimento di una somma più consistente.
IL CALVARIO
La donna scoprì di essersi ammalata nel 2014, quando si rese necessario un intervento chirurgico a seguito della diagnosi di una adenocarcinoma, lo stesso tipo di tumore che in precedenza aveva contratto il marito dove aver lavorato per molti anni, dal 1956 al 1987, con la qualifica di scaricatore portuale, a contatto con le polveri di amianto: all’epoca l‘amianto veniva trasportato all’interno di sacchi di juta non sigillati e il personale addetto alla movimentazione non riceveva alcun strumento di protezione né istruzione su come comportarsi per evitare il contatto con la polvere cancerogena.
L’uomo è deceduto a seguito di analogo tumore polmonare.
Nel corso della causa l’avvocato Cornelio ha documentato come la donna sia venuta ripetutamente a contatto con le fibre d’amianto depositatesi sugli indumenti di lavoro del marito, dei quali si occupava della pulizia, ricordando i numerosi precedenti relativi a familiari che sono risultati “inquinati” dall’amianto portato nel domicilio dai lavoratori esposti.
La perizia disposta dal giudice si è conclusa con il riconoscimento di un preciso nesso causale tra il tumore contratto dalla donna e l’esposizione dalle polveri di amianto. I testimoni ascoltati nel corso della causa hanno escluso che fosse una fumatrice, a differenza del marito che era solito fumare qualche sigaretta. L’Autorità portuale è stata dunque chiamata a rispondere del dovuto risarcimento. La sentenza potrà essere impugnata in appello anche dall’Autorità portuale, la quale da parte sua ha respinto ogni addebito.