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13 Gennaio 2019

LA NUOVA VENEZIA 13.1.2019 Porto Marghera Operaio morto per amianto maxi pignoramento alla società

L’uomo è deceduto a 73 anni per un mesotelioma pleurico, lavorava alla Abb
Accolta la richiesta della difesa di aggredire i crediti vantati dalla spa verso terzi
Rubina Bon
Marghera. Per ottenere il risarcimento disposto dal tribunale di Venezia per il loro caro morto a causa di un mesotelioma pleurico legato all’esposizione prolungata all’amianto, i familiari di un ex tubista della Abb spa, deceduto a 73 anni, hanno dovuto aggredire i crediti vantati verso terzi dalla stessa società. In particolare i 797.274 euro dovuti da Fincantieri e i 32.280 euro da Basf Italia. Così da raggiungere la quota di 829.554 euro. Il tribunale, nella sentenza di luglio dello scorso anno, aveva riconosciuto alla moglie ed ai tre figli dell’uomo un risarcimento del danno pari a oltre 900mila euro. Ma finora la Abb spa non aveva versato un euro. E così i familiari, rappresentati dall’avvocato Enrico Cornelio, hanno deciso di intraprendere la strada del pignoramento verso terzi. Nei giorni scorsi il giudice dell’esecuzione del Tribunale di Milano, Roberto Angelini, ha assegnato in pagamento alla moglie e ai figli del tubista i crediti vantati da Abb nei confronti di Fincantieri e Basf Italia.
L’avvocato Cornelio ha presentato allo stesso tribunale meneghino un altro acconto per un secondo pignoramento di 400mila euro che sarà in discussione a marzo. Davanti alla Corte d’Appello civile, invece, la difesa della famiglia ha depositato l’appello incidentale rispetto a quello della società, la quale ha impugnato la sentenza di primo grado. La moglie e i figli chiedono che i giudici di secondo grado rivalutino il caso dal punto di vista del risarcimento, sostenendo che quello disposto dal primo giudice fosse inferiore a quanto dovuto, secondo quanto stabilito dalle tabelle del tribunale di Milano. Era stato disposto infatti un risarcimento di quasi 300mila euro per la moglie, mentre per i tre figli le somme erano state differenti a seconda, aveva scritto il giudice, “alla diversa reazione al decesso del padre, non tanto in termini di sofferenza, quanto allo stress che ne è derivato”.
Il tubista era morto a maggio del 2014 dopo circa due anni dalla diagnosi di mesotelioma pleurico, la patologia strettamente legata all’esposizione prolungata all’amianto. Era stato un calvario tale, quello dell’uomo, che nel giorno di Pasqua del 2014 aveva tentato di togliersi la vita, non riuscendo nel suo intento.
Dal 1963 fino al 1992, quando era andato in pensione, l’uomo aveva lavorato a Porto Marghera alle dipendenze prima di Comon spa, poi Soimi, quindi Soico Sud e poi Abb spa. All’operaio era stato diagnosticato un mesotelioma pleurico con metastasi ossee nell’agosto del 2012, per il quale era stato operato. Il giudice di primo grado aveva riconosciuto il nesso di causalità tra il decesso e l’ambiente di lavoro. Un collega della vittima aveva testimoniato come l’amianto sul posto di lavoro fosse presente dappertutto, a partire dalla coibentazione delle tubazioni. E proprio quando c’era da proteggersi si usavano coperte e guanti di amianto. La ditta si era costituita nel procedimento, sostenendo peraltro come l’operaio fosse un fumatore incallito e che quindi non si potesse individuare con certezza la causa del tumore. La battaglia giudiziaria è destinata a proseguire nei prossimi mesi