ARCHIVIO RASSEGNE
24 Dicembre 2009

Lo Stato italiano deve versare un milione di euro ad una famiglia originaria di Selenico

Il Piccolo
24. dicembre 2009

Beni abbandonati, un milione di risarcimento

TRIESTE. Poco meno di un milione di euro: è quanto lo Stato italiano dovrà versare a una famiglia originaria di Selenico a titolo di risarcimento per i beni abbandonati nell’ex Jugoslavia al termine della Seconda guerra mondiale. La sentenza arriva, dopo una lunga battaglia giudiziaria, dal tribunale civile di Venezia, a cui si sono rivolti appartenenti ed eredi della famiglia Castriota Scanderbeg. I Castriota Scanderbeg possedevano palazzi e terreni in quella che ora è terra croata.
L’Italia aveva già versato alla famiglia alcune somme a ristoro del danno, denaro ritenuto del tutto insufficiente a coprire il reale valore dei beni abbandonati. «Questa sentenza – dice l’avvocato – costituisce un importante precedente anche per gli altri esuli».

Beni abbandonati, risarciti con un milione.

Da Venezia a Trieste. A legarle l’eco di una sentenza che potrebbe dare il là ad una pioggia di azioni legali nell’intricata questione dei beni abbandonati. Uno scenario ipotetico da migliaia di cause proposte dagli esuli fiumani e giuliano-dalmati. Il tribunale di Venezia ha affermato infatti la legittimità della richiesta avanzata dagli eredi di Giacinto Mattiazzi, stabilendo un indennizzo pari a quasi 950mila euro per una serie di beni e proprietà site a Selenico, in Croazia. Città non inclusa fra quelle dell’ex zona B, cui l’Italia rinunciò con il trattato di Osimo del 1975, ma rientrante nel novero dei territori ceduti. E quindi collegabile alla legge 137 del 2001.
I discendenti del principe ed eroe albanese Giorgio Castriota Scanderbeg – che nel XV secolo combatté con i veneziani contro i turchi per frenare l’avanzata ottomana – hanno quindi dato scacco matto al ministero delle Finanze.
Sono gli eredi di Giacinto Mattiazzi, classe 1880, morto nel 1950, cittadino italiano che vide sequestrati dal governo titino palazzi, terreni, azioni che possedeva a Selenico, città dalmata: Vincenzo e Paola Mattiazzi e il ramo Castriota Scanderbeg della famiglia (Marialuisa, Marina Maria, Elena Maria, Alessandra Maria, Giorgio Maria) nei giorni scorsi hanno visto riconosciuto dal giudice Marina Caparelli il diritto ad un maxirisarcimento da poco meno di un milione di euro, come richiesto nel ricorso presentato dagli avvocati Enrico, Claudia e Vittoria Cornelio. Vincenzo Mattiazzi è residente a Mestre e per questo il procedimento è stato incardinato al Tribunale di Venezia.
Una sentenza destinata ad avere forte riscontro tra gli esuli dell’ex Jugoslavia, consolo per lo storico casato dei ricorrenti ma anche per l’ammontare del risarcimento e perché si tratta di una decisione che potrebbe aprire una nuova strada verso il riconoscimento agli esuli italiani, allontanati dall’ex Jugoslavia, di un risarcimento economico aggiornato, seppure a distanza di quasi sessant’anni dalla fuga coatta dalle città oggi slovene e croate.
La sentenza del Tribunale di Venezia rappresenta, infatti, una delle più sostanziose applicazioni della legge 137 del 2001, che rimise in moto il meccanismo degli indennizzi – dopo decenni di paralisi - - in capo al ministero del Tesoro.
Una norma che cancella la prescrizione – come accade nella maggior parte dei casi- se il mancato adempimento dipenda esclusivamente dall’inerzia del ministero nell’adempiere ai suoi precisi obblighi, anche internazionali.
A Selenico i discendenti del condottiero albanese lasciarono palazzi, terreni agricoli, fabbricati, azioni, persino un villino panoramico e un palco di proprietà al teatro Mazzolini.
«La norma – specifica l’avvocato Cornelio nel suo ricorso – prevedeva una copertura finanziaria affinché tutti gli indennizzi fossero pagati entro il 2004, viceversa si è giunti ad una situazione libica, nella quale nulla si sa di cosa stia facendo il debitore (il ministero del Tesoro, ndr) se non che sta facendo i suoi comodi».
Oltre a contestare il «quando», gli eredi Mattiazzi e Castriota Scanderbeg (che risiedono invece a Napoli, dato che parte della famiglia si schierò a fianco dei Borbone) discutono anche sul «quanto». «Tutti i beni di proprietà di Giacinto Mattiazzi e confiscati dal vincitore», si legge nel ricorso, «vennero in qualche modo fatti rientrare nel trattato di pace. Ne seguì una procedura di stima, confermata dal ministero del tesoro nel 1966, senza un minimo aggancio alla realtà».
Da qui la richiesta avanzata dall’avvocato Cornelio – e accolta dal Tribunale – di una rivalutazione di 200 volte del valore dei beni nel 1938: calcolatrice alla mano, palazzi, terreni, villini, palco che negli anni Trenta valevano 8 milioni e 220mila lire, oggi nel 2009 – valgono 948.326 euro a fronte dei 150mila euro finora liquidati dal ministero. Ministero che dovrà anche risarcire ai ricorrenti quasi undicimila euro di spese legali, oltre a sostenere le spese per gli onorari dei consulenti del tribunale.