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09 Aprile 2025

Portuale morì a causa dell’amianto, un milione e 300mila euro ai familiari

Il Gazzettino 9 aprile 2025
 
Portuale morì a causa dell’amianto, un milione e 300mila euro ai familiari
 
Ha prestato servizio come operaio al Porto di Venezia ed è morto nel 2019 a causa delle esposizioni alle polveri di amianto respirate per moti anni sul luogo del lavoro. Ora, a distanza di sei anni, i suoi familiari hanno ottenuto il diritto ad un risarcimento di oltre un milione e trecentomila euro per i danni sofferti a seguito della perdita del proprio caro.
A stabilirlo è stata la quarta sezione civile della Corte d’Appello di Venezia che, accogliendo il ricorso presentato dagli avvocati Enrico, Claudia e Livia Cornelio, ha accordato loro un aumento di 433mila euro rispetto al risarcimento già liquidato loro in primo grado dal Tribunale, nel 2024, pari a 868mila euro. Aumento dovuto al fatto che i giudici hanno riconosciuto l’esistenza di un significativo legame affettivo tra la vittima e i suoi congiunti: moglie, quattro figli e nipoti, le cui vite hanno avuto uno sconvolgimento a causa del lutto. A versare l’ingente somma è stata condannata l’Autorità di sistema portuale del mare Adriatico settentrionale, che potrà ancora presentare ricorso per Cassazione. La sentenza nel frattempo è immediatamente esecutiva e, di conseguenza, il risarcimento dovrà essere versato.
TUMORE AI POLMONI
La vittima che aveva 77 anni, era dipendente della Compagnia lavoratori portuali e a causa delle polveri di amianto respirate per numerosi anni nello svolgimento della propria attività, durante le operazioni di carico e scarico delle navi, si è ammalato di mesotelioma delle navi, si è ammalato di mesotelioma pleurico, una grave forma di tumore ai polmoni che normalmente si manifesta anche a distanza di 20-30 anni dalla prima inalazione di polveri.
Nella sentenza di primo grado il Tribunale ha riconosciuto la responsabilità del datore di lavoro per non aver predisposto adeguate misure di protezione per la salute dell’operaio e la Corte ha confermato la decisione sul punto.
I giudici di secondo grado hanno accolto il ricorso dei familiari della vittima per quanto riguarda la quantificazione del danno, applicando uno dei coefficienti più alti tra quelli stabiliti dalle cosiddette tabelle di Milano, quelle utilizzate in sede giudiziaria per definire l’ammontare dei risarcimenti.
Nella sentenza si parla di “offesa di gravità elevata”.